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Le Gravine, uno spettacolo della natura

La Gravina – formazione geologica

In Puglia, la particolare morfologia delle diverse aree delle gravine sono il risultato di importanti fenomeni geologici avvenuti milioni di anni fa, dal Giurassico al Cretaceo. Nel Cretaceo superiore la zolla Europea si scontra con quella Africana, avvengono azioni di sollevamento e abbassamento della piattaforma carbonatica Apula che costituiranno le future Murge: Murgia bassa, Murgia alta, Murgia dei trulli, e Anfiteatro Tarantino che degradano verso il mare.
L’intero territorio è costituito prevalentemente  da rocce calcaree e calcareo-dolomitiche del Cretaceo, su cui si estendono nel periodo Plio-pleistocene, a seguito di ingressioni marine, strati di sedimenti marini e alluvionali che cementati fra loro  originano le calcareniti di Gravina.
Tale roccia tenera è comunemente chiamata “tufo” per le sue doti da utilizzare come materiale da costruzione, in Puglia se ne trovano di diversi tipi con caratteristiche e colore differente. Le terre emerse delle Murge (dal termine latino murex – muricis che significa pietra aguzza, roccia) sono interessate dalla furia delle acque meteoriche e marine dovute al clima generalmente non ancora stabile, che erodono il suolo già friabile e provocano profonde incisioni, talvolta delle vere e proprie spaccature e depressioni.
Le acque penetrano negli strati più profondi del blocco roccioso, in una struttura poco densa  per la presenza di cavità distribuite nel suo volume e raggiunge il mare sui solchi dette “lame”, sui quali scaricano anche le acque di superficie formando grossi fiumi.
Durante l’impetuoso percorso dell’acqua, questi lunghi paleo-fiumi trasportano ogni cosa dilavando gli strati della superficie mentre nelle profonde fratture del terreno, l’azione meccanica erosiva dell’acqua originerà le “gravine”, insenature profonde con pareti spesso ripide e con il fondo generalmente piatto.
Non mi soffermo più di tanto su un argomento così complesso ma certamente la presenza di rocce sedimentarie in ambiente marino ha favorito nell’ultimo periodo dell’era del Mesozoico la presenza di molti organismi viventi, oggi giunti a noi sotto forma di fossili di conchiglie o molluschi fissati sulla roccia.
Nel tempo il clima cambiò, stabilizzandosi e le acque si ritirarono, così il paesaggio carsico con le sue fratture, le sue incisioni e le sue cavità diventò meta di particolari presenze faunistiche favorite anche da una rigogliosa vegetazione.
“Ma l’ambiente delle gravine non costituisce un’area ecologica omogenea valida per tutte”, come scrive e attesta lo studioso biologo dott. Pietro Parenzan “in linea generale gli aspetti geologici sono uguali per tutte le gravine” ed ancora accerta che ”tuttavia vi sono talune caratteristiche particolari che determinano alcuni degli aspetti morfologici propri delle singole gravine” concludendo “…che le varie gravine presentano caratteristiche particolari per cui flora e fauna non sono uguali per tutte”.
Il riferimento bibliografico allude alla “Gravina di Ginosa” di cui oggi apro nel blog del portale di  “Visit Ginosa & Marina” il primo di una serie di appuntamenti con articoli che riguardano lo sviluppo di due grandi borghi antichi della città: l’abitazione in grotta con urbanizzazioni, cultura, spiritualità, magia e il borgo antico, sul pianoro sovrastante con la presenza del castello, chiese e palazzi  dove la cultura religiosa si sposò, se pur in un breve periodo, con gli ordini cavallereschi.

Le notizie  scritte  sono utili ai fini della promozione turistica e alla conoscenza dei valori storici,  culturali, tradizionali ed enogastronomici della città.
Ovviamente non mancheranno riferimenti alle diverse aree naturali e paesaggistiche sia del paese che della sua marina  perché se si vuole conoscere la cultura più genuina di questi luoghi occorre abbandonare gli itinerari privilegiati e lasciarsi accompagnare dai propri sensi.

Grazie

La nascita del villaggio rupestre

Nel volgo popolare, “a’ jarvina di Ginosa” (la gravina di G.) si mostrava nell’XI secolo poco profonda e circondava come un fossato naturale, per la presenza del torrente Lagnone (oggi compare solo in particolari condizioni meteorologiche, di tipo alluvionale) lo spiano su cui sorgeva una fortificazione di avvistamento militare normanna.
Lontana dalle grandi vie di comunicazioni, percorse dagli eserciti medievali e comunque interessata dalle vicende di guerre e devastazioni, la particolare conformazione della gravina, col il suo habitat naturale, era il luogo ideale per insediarsi e tessere un  nuovo sviluppo urbano che nel tempo sarà stato più esteso e più  complesso.
Sui greppi  rocciosi, le grotte naturali, già abitate nel paleolitico e successivamente utilizzate sia nel periodo greco che romano, erano disposte sui diversi livelli ed esaltate dalle diverse striature colorate del bianco, del rosa, del grigio e del nero della pietra arenaria, la quale, tenera e friabile, permetteva di essere lavorata, intagliata ed anche dipinta seguendo uno schema artistico religioso tipicamente Bizantino.
Alle prime chiese rurali di fondazione laicale (X secolo) seguiranno le prime abitazioni civili e le chiese-cripte e cripte basilicali di ispirazione benedettina greco-latina.
Grazie alla presenza dei monaci e al loro adattamento in questi luoghi, si registrò una buona crescita demografica, culturale, ed economica; insomma lo sviluppo di un borgo a sè nel borgo medievale della città al cui vertice (come scala sociale) capeggiava la torre normanna fortificata quale simbolo di potere e controllo da parte del feudatario nonchè centro politico e amministrativo del paese e del suo territorio. L’ambiente rurale si trasformava con la bonifica dei terreni e la messa a coltura di alberi da frutto, mandorli, ulivi, vigneti, fichi, entro muretti in pietra (ancora oggi presenti ma più radi) ma anche giardini, orti e campi coltivati.
E non solo, il paesaggio naturale offriva anche la possibilità di raccogliere  specie vegetali di particolare interesse farmacologico e culinario.
Infatti i monaci, custodi della scienza medica, conoscevano le proprietà di diverse piantine campestri  come ad esempio (ne cito qualcuna): l’aglio rosso con proprietà antibatteriche; la borragine come antinfiammatorio; il cisto rosso come calmante ed ancora il papavero da oppio come potente analgesico, saponaria officinalis, ginestrella, vitalba, ecc.  Altre piante invece venivano raccolte per la cucina come il cipollotto col fiocco chiamato nel volgo “iambasciule”.
Non ho certezza  che queste piante fossero presenti anche nel XII secolo, ma l’aglio rosso ha catturato la mia attenzione per la bellissima esplosione di fiori raggruppati e non solo. Le piante raccolte servivano alla preparazione di unguenti, sciroppi, elisir… e venivano lavate, essiccate e conservate in un’antica grotta su nicchie scavate nella roccia – “l’antica farmacia rupestre” – utilizzata dai monaci basiliani per dare carità  e cure ai bisognosi ed ammalati.
Nella  civiltà rurale inoltre, la cucina dei poveri si differenziava dai ricchi, l’uso di carne e selvaggina era riservata ai nobili e signori mentre cereali e frumento con verdure e ortaggi erano  riservati ai contadini. Non mancavano però in particolari occasioni anche l’uso di carne di allevamento, da cortile e il pesce. Le pietanze venivano accompagnate dal vino (di sapore diverso rispetto ad oggi) e talvolta da bevande ottenute dalla fermentazione della frutta. L’attività principale era agro-pastorale, e questo contribuiva allo sviluppo del mercato e del commercio.

Antonella Moscarelli

Bibliografia di riferimento:

(P. Parenzan, V. Valentini, C.D. Fonseca).

2 pensieri su “Le Gravine, uno spettacolo della natura
  • Francesco
    5/5

    Articolo molto interessante

  • Piero Sangiorgio
    5/5

    La rivisitazione archeologica della gravina di Ginosa di Antonella Moscatelli è una splendida carta di identità del nostro paese nelle sue origini. Lo scritto qui presentato, conciso e insieme ricco di riferimenti, merita il plauso di quanti hanno a cuore Ginosa. Mi piacerebbe ritrovare prossimamente una continuazione di questo lavoro.

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